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PATOGENESI

Le infezioni delle vie urinarie (UTI), e in modo particolare quelle complicate (cUTI), sono comuni in ambito ospedaliero e spesso contribuiscono ad incertezza clinica e sfide diagnostiche, che portano ad un numero significativo di prescrizioni inappropriate di antibiotici.1

 

DEFINIZIONE:2

Le UTI sono infezioni batteriche che interessano la vescica e tutte le strutture correlate.

Da un punto di vista clinico, le UTI sono suddivise in complicate o non complicate.

Le non complicate si dividono in UTI del tratto urinario superiore (pielonefriti) o inferiore (cistiti); queste interessano usualmente individui sani senza anormalità neurologica o strutturale del tratto urinario.

Le UTI complicate (cUTI) sono invece associate a fattori come l'ostruzione urinaria, la ritenzione urinaria causata da patologie neurologiche, immunosoppressione, insufficienza renale, trapianto renale, gravidanza, e la presenza di corpi esterni come calcoli, cateteri, o altri dispositivi di drenaggio.

EPIDEMIOLOGIA2

L'incidenza stimata delle UTI nel mondo è di 250 milioni di casi all'anno; il 40-50% delle donne sviluppa una UTI nella propria vita, e il 25% di loro è interessata da UTI ricorrenti, che vengono diagnosticate con 3 episodi di UTI in un periodo di 12 mesi o 2 episodi in 6 mesi.

EZIOLOGIA

La maggior parte delle UTI sono dovute alla colonizzazione del tratto urogenitale da parte di flora rettale e perineale. Gli organismi più comuni sono Escherichia coli, Enterococcus, Klebsiella, Pseudomonas, e altre specie di Enterococcus o Staphylococcus.1

Tra queste, E. coli è la più comune, seguita da Klebsiella.1

Escherichia coli è in realtà la causa più frequente sia di UTI che di cUTI.2

Anche i pazienti in assistenza residenziale, i diabetici e le persone con cateteri a permanenza o con compromissione immunitaria possono essere soggetti a colonizzazione da parte di Candida.1

 

FATTORI DI RISCHIO1

I principali fattori di rischio per le UTI includono:

  • genere femminile;
  • età elevata;
  • diabete;
  • obesità;
  • esteso utilizzo di cateteri;
  • rapporti sessuali frequenti.

 

Individui di genere femminile
Le donne sono più facilmente colpite dalle UTI per la conformazione anatomica, in particolare l'uretra più corta rispetto a quella maschile. Negli individui di sesso femminile, l'attività sessuale è un fattore che predispone all'infezione, soprattutto se si utilizzano anticoncezionali, quali il diaframma e gli spermicidi, oppure nei casi di prolasso uterino o vescicale.3

Individui di genere maschile
Nell'uomo, in genere, le UTI sono causate dal restringimento del canale uretrale, dall'ingrossamento della prostata o dalla presenza di calcoli vescicali.3

Neonati
Nei neonati, soprattutto femmine, il pannolino costituisce un comune mezzo d'infezione; nei bambini maschi, le IVU possono essere associate anche alla risalita dell'urina dalla vescica negli ureteri (reflusso vescico-ureterale) o da un'anomalia di tipo ostruttivo.3

Ulteriori fattori di rischio
Oltre al diabete, le UTI possono essere favorite da malattie neurologiche e cure che riducono le difese immunitarie.3

 

 

PATOGENESI: COME SI SVILUPPANO LE UTI4

Nel processo di patogenesi di una UTI, l'aderenza gioca un ruolo pressochè fondamentale.

Una UTI ha inizio, tipicamente, con la contaminazione periuretrale da parte di un uropatogeno residente nell'intestino.

Segue la colonizzazione dell'uretra e la conseguente migrazione del patogeno alla vescica, un evento che richiede strutture specifiche: i flagelli e i pili.

Nella vescica, successivamente, avvengono delle complesse interazioni ospite-patogeno: queste determinano se la colonizzazione batterica andrà a buon fine o gli uropatogeni potranno essere eliminati.

 

La colonizzazione batterica avrà effettivamente successo se le molteplici adesine batteriche riconosceranno i recettori sull'epitelio vescicale (noto anche come uroepitelio) e medieranno l'intero processo.

Gli uropatogeni, moltiplicandosi e superando la sorveglianza immunitaria dell'ospite, possono successivamente risalire fino ai reni, attaccandosi nuovamente tramite adesine o pili per colonizzare anche l'epitelio renale e produrre, quindi, tossine dannose per i tessuti.

Successivamente, gli uropatogeni sono in grado di attraversare la barriera epiteliale tubulare per entrare nel flusso sanguigno, dando inizio alla batteriemia.

 

SINTOMI3

In alcuni casi, le UTI non comportano sintomi: in tal caso, la presenza di batteri nelle urine è definita batteriuria asintomatica.

I sintomi più comuni delle UTI possono essere distinti a seconda della loro localizzazione. Per quanto riguarda quelli che interessano le basse vie urinarie vi sono:

  • difficoltà e dolore nell'emettere urina;
  • frequente stimolo ad urinare;
  • presenza di sangue nelle urine;
  • dolore nel basso addome (occasionalmente).

I sintomi più comuni delle UTI delle alte vie urinarie includono:

  • dolori al fianco e/o lombari;
  • febbre;
  • brividi.

 

DIAGNOSI E VALUTAZIONE CLINICA3

Un campione di urine di qualità è fondamentale per effettuare la diagnosi di UTI o cUTI. Tuttavia, il trattamento non deve essere ritardato se lo scenario clinico suggerisce fortemente una UTI.

Alcuni pazienti con segni clinici di UTI possono non presentare batteri urinari all'esame colturale.

Tutti i pazienti con una cUTI, compresa la prima presentazione di pielonefrite ascendente in donne immunocompetenti non gravide, devono sottoporsi almeno a un'ecografia del tratto renale per valutare la presenza di anomalie anatomiche, idronefrosi, calcoli o altre lesioni. Poiché non esiste un metodo clinico affidabile per escludere le ostruzioni urinarie, come i calcoli, nelle IVU complicate, il medico curante deve ricorrere alla diagnostica per immagini, come l'ecografia o la TC, per confermare o escludere l'ostruzione.

 

RIFERIMENTI

1. Complicated Urinary Tract Infections - StatPearls - NCBI Bookshelf.
2. Bonkat, et al. EuropeanUrology Open Science, 44, 37-45.
3. Infezioni urinarie_ cause, disturbi, cure - ISSalute. Disponibile su: https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/i/infezioni-urinarie. Ultimo accesso: Maggio 2025.
4. Flores-Mireles, A, et al. Nat Rev Microbiol. 2015; 13:269-284.

IT/CEFE/NP/0077 - 26/05/2025